संसार |
I concetti di Samasara e di Karman sono essenziali per comprendere la filosofia dello yoga e per avvicinare il pensiero indiano. Semplificando potremmo dire che il termine Samasara corrisponde a quello di reincarnazione e il termine karma (karman) a quello di azione che genera un effetto. L'idea di reincarnazione era diffusa anche in occidente. Pitagora ad esempio ha sostenuto questa dottrina basandosi sui culti orfici preesistenti. | IN PRATICA Provate a porvi la seguente domanda: Dove ero prima di essere nato? E' una domanda classica data come tema di studio dai maestri zen ai loro allievi. Pensate a voi stessi, immaginate di viaggiare a ritroso nel tempo, potete percepire il vostro corpo e la vostra mente che cambiano: divenite più giovani, cambia il vostro corpo, cambia la vostra mente. Tutto cambia in voi eppure rimanete voi stessi. |
Provate a vedere le cose dal seguente punto di vista.
Ciascuno di noi si è confrontato, prima o poi, con un sentimento di perdita: l'essere lasciati da qualcuno amato/a, il dovere affrontare un lutto, o più semplicemente il salutare qualcuno a noi caro che non avremmo più visto per molto tempo.
Sono esperienze dolorose anche se probabilmente abbiamo imparato a viverle e ad accettarle come normali, inevitabili.
Non era così per gli antichi saggi!
Per loro occorreva andare oltre. Occorreva porre termine una volta per tutte alle sofferenze.
Non ci si poteva rassegnare e accettare.
Nella nostra cultura forse non siamo più abituati a confrontarci con le questioni ultime dell'esistenza. Sembra persino illecito, infantile, ricercare felicità e condizioni assolute. Siamo permeati da un profondo senso di relatività. Forse anche per questo il significato autentico dello yoga ci può apparire distante. Il volere superare le paure esistenziali è talvolta considerato un segno di immaturità psicologica: la rimozione ingenua di qualcosa di inevitabile.
Karl Jaspers, un importante pensatore contemporaneo che ha saputo conciliare psicologia e filosofia, commentando le Upanishad, una delle più importanti scritture indiane, descrive l'uomo indiano che si confrontava con la consapevolezza del Samsara in questo modo:
« Egli viene a conoscere la terribilità del mondo e la propria impotenza. Pone domande radicali. Di fronte all'abisso anela alla liberazione e alla redenzione » (Karl Jaspers. Origine e senso della storia)
Per i filosofi delle Upanishad la verità del mondo era altrove, in un "luogo" privo di sofferenze.
Era la sofferenza a non essere "reale" ma il mero l'effetto di una illusione.
Lo scopo dell'esistenza altro non poteva essere che il "rompere" l'incantesimo gettato sull'uomo. Uscire dal ciclo illusorio del Samsara e divenire se stessi. Illuminarsi. Ricongiungersi con la propria autentica natura di totale beatitudine.
Per questo "inventarono" dello yoga. Per unire. Per risolvere. Per uscire dall'illusione. Per illuminarsi.
Ciascuno di noi si è confrontato, prima o poi, con un sentimento di perdita: l'essere lasciati da qualcuno amato/a, il dovere affrontare un lutto, o più semplicemente il salutare qualcuno a noi caro che non avremmo più visto per molto tempo.
Sono esperienze dolorose anche se probabilmente abbiamo imparato a viverle e ad accettarle come normali, inevitabili.
Non era così per gli antichi saggi!
Per loro occorreva andare oltre. Occorreva porre termine una volta per tutte alle sofferenze.
Non ci si poteva rassegnare e accettare.
Nella nostra cultura forse non siamo più abituati a confrontarci con le questioni ultime dell'esistenza. Sembra persino illecito, infantile, ricercare felicità e condizioni assolute. Siamo permeati da un profondo senso di relatività. Forse anche per questo il significato autentico dello yoga ci può apparire distante. Il volere superare le paure esistenziali è talvolta considerato un segno di immaturità psicologica: la rimozione ingenua di qualcosa di inevitabile.
Karl Jaspers, un importante pensatore contemporaneo che ha saputo conciliare psicologia e filosofia, commentando le Upanishad, una delle più importanti scritture indiane, descrive l'uomo indiano che si confrontava con la consapevolezza del Samsara in questo modo:
« Egli viene a conoscere la terribilità del mondo e la propria impotenza. Pone domande radicali. Di fronte all'abisso anela alla liberazione e alla redenzione » (Karl Jaspers. Origine e senso della storia)
Per i filosofi delle Upanishad la verità del mondo era altrove, in un "luogo" privo di sofferenze.
Era la sofferenza a non essere "reale" ma il mero l'effetto di una illusione.
Lo scopo dell'esistenza altro non poteva essere che il "rompere" l'incantesimo gettato sull'uomo. Uscire dal ciclo illusorio del Samsara e divenire se stessi. Illuminarsi. Ricongiungersi con la propria autentica natura di totale beatitudine.
Per questo "inventarono" dello yoga. Per unire. Per risolvere. Per uscire dall'illusione. Per illuminarsi.
Dal Karma il Samsara
Se il ciclo del Samsara ci tiene intrappolati e ci fa soffrire la questione importante, la domanda a cui occorreva dare una risposta divenne allora:
"Cosa causa il Samsara?"
Non bastava alleviare i sintomi cercando di vivere la vita migliore possibile. Non bastava garantirsi i piaceri della vita (kama) e mantenere il corpo sano e in salute. Occorreva trovare la causa stessa della "malattia" esistenziale che affliggeva l'uomo e lo teneva separato dalla sua vera natura.
Quella causa era il Karman. L'azione. L'azione che generava senza fine i propri effetti. Vita dopo vita
"Cosa causa il Samsara?"
Non bastava alleviare i sintomi cercando di vivere la vita migliore possibile. Non bastava garantirsi i piaceri della vita (kama) e mantenere il corpo sano e in salute. Occorreva trovare la causa stessa della "malattia" esistenziale che affliggeva l'uomo e lo teneva separato dalla sua vera natura.
Quella causa era il Karman. L'azione. L'azione che generava senza fine i propri effetti. Vita dopo vita
Qui dobbiamo spendere un poco di tempo per approfondire una semplice idea filosofica. Forse richiede un poco di fatica ma credo valga la pena del piccolo sforzo necessario.
Quali sono le condizioni affinchè un'azione possa essere compiuta?
Occorre qualcuno che compia l'azione: un soggetto.
Occorre qualcosa a di esterno su cui agire: un oggetto
Proviamo a spiegarlo in termini differenti: è possibile un'azione senza un qualcuno che agisca?
E' possibile agire senza qualcosa di esterno al soggetto, un oggetto su cui agire?
L'idea importantissima è che un'azione richiede sempre la separazione fra il soggetto che agisce e l'oggetto sul quale agisce. Naturalmente quando parliamo di oggetto non intendiamo necessariamente qualcosa di fisico: la palla che lanciamo in un sogno è un oggetto per noi anche se non ha esistenza fisica...
Questa separazione fra soggetto e oggetto genera dualità e incompletezza.
Essa genera anche il senso del tempo: percepiamo il tempo trascorrere perchè ciò che era prima (dell'azione) è differente da ciò che sarà dopo. Pensate a un orologio e alle sue lancette.
E' agendo nel mondo che rinforziamo la cognizione di essere noi stessi. Rinforziamo l'illusione di esistere in quanto separati da quello che ci circonda.
Quali sono le condizioni affinchè un'azione possa essere compiuta?
Occorre qualcuno che compia l'azione: un soggetto.
Occorre qualcosa a di esterno su cui agire: un oggetto
Proviamo a spiegarlo in termini differenti: è possibile un'azione senza un qualcuno che agisca?
E' possibile agire senza qualcosa di esterno al soggetto, un oggetto su cui agire?
L'idea importantissima è che un'azione richiede sempre la separazione fra il soggetto che agisce e l'oggetto sul quale agisce. Naturalmente quando parliamo di oggetto non intendiamo necessariamente qualcosa di fisico: la palla che lanciamo in un sogno è un oggetto per noi anche se non ha esistenza fisica...
Questa separazione fra soggetto e oggetto genera dualità e incompletezza.
Essa genera anche il senso del tempo: percepiamo il tempo trascorrere perchè ciò che era prima (dell'azione) è differente da ciò che sarà dopo. Pensate a un orologio e alle sue lancette.
E' agendo nel mondo che rinforziamo la cognizione di essere noi stessi. Rinforziamo l'illusione di esistere in quanto separati da quello che ci circonda.
Facendo questo accumuliamo su di noi le conseguenze delle nostre azioni, le "impressioni" restano impresse in noi come la luce su una pellicola fotografica. Sono queste impressioni che ci tengono legati alla ruota perenne del divenire. Produrrano conseguenze come le onde in un lago ove abbiamo lanciato un sasso. Alcune conseguenze saranno immediate, altre avverrano nel corso di questa vita. Altre ancora determineranno il corso della nostra vita futura. Accumuliamo, come si dice, il nostro karma. | IN PRATICA Pensate a una azione che avete compiuto recentemente (potrebbe essere qualcosa che avete detto a qualcuno). Fate un elenco delle conseguenze. Future: anche in questo momento il loro ricordo è rimasto in voi, vi ha modificato in qualche modo... |
Nel testo sacro dello Jainismo Uttarādhyayana-sutra leggiamo: "Il karma è la radice della nascita e della morte, le anime legate dal karma girano e girano nell'infinito ciclo dell'esistenza"
Se il karma è la causa del samsara e il samsara è la causa della sofferenza, allora il modo per liberarsi dalla sofferenza sarà quello di eliminare il karma.
Per farlo dovremo purificarci, "bruciando" il karma. Questo è uno degli scopi dello Yoga
Ove il karma divide colui che agisce da ciò che è agito, lo yoga riunisce.
Lo yoga dissolve la separazione e conduce alla liberazione dal Samasara e all'estasi.
Se il karma è la causa del samsara e il samsara è la causa della sofferenza, allora il modo per liberarsi dalla sofferenza sarà quello di eliminare il karma.
Per farlo dovremo purificarci, "bruciando" il karma. Questo è uno degli scopi dello Yoga
Ove il karma divide colui che agisce da ciò che è agito, lo yoga riunisce.
Lo yoga dissolve la separazione e conduce alla liberazione dal Samasara e all'estasi.
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Gianluca
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